Informazioni personali

Il presente sito non costituisce testata giornalistica, non ha, comunque, carattere periodico ed è aggiornato secondo la disponibilità e la reperibilità dei materiali ivi contenuti. Pertanto, non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale ai sensi della L. n. 62 del 7.03.2001

lunedì 31 dicembre 2012

Addio grande donna Ci lascia in eredità impegno e coraggio

La scienziata se n’è andata serenamente a 103 anni Poche ore prima della morte era al lavoro nel suo studio

Rita Levi Montalcini è morta ieri nella sua casa di Roma. Aveva 103 anni. Ha lavorato ai suoi studi fino alle 21 di sabato sera, nella piccola camera dove passava gran parte del suo tempo. Ieri poco prima di pranzo aveva avvertito i suoi collaboratori di non sentirsi troppo bene, i domestici si sono allontanati per qualche minuto per recarsi in farmacia, ma al loro ritorno il premio Nobel era già morta. Oggi la camera ardente al Senato, dalle 13,30 alle 21.00. al Senato. Parteciperanno il Presidente della Repubblica G Le esequie avranno luogo il 2 gennaio a Torino in forma privata.
di VITTORIO EMILIANI Con Rita Levi Montalcini scompare a 103 anni una delle più importanti e innovative figure di scienziato del nostro tempo, uno dei pochi premi Nobel italiani, una delle rare donne giunte da noi ai vertici della ricerca. Lo scrittore Primo Levi, torinese come lei, la definì, felicemente, «una piccola signora dalla volontà indomita e dal piglio di principessa». Sempre appropriata nel vestire, nell'atteggiarsi, nel parlare. Quando era senatrice a vita, dall'estrema destra, fra insulti e derisioni, le giunse l'offerta di un paio di stampelle. «In pieno possesso delle mie facoltà mentali e fisiche» e «del tutto indifferente agli ignobili attacchi», avrebbe espletato, assicurò, le funzioni di voto fino in fondo: non le serviva alcuna stampella. Concluse sferzante: «A quanti hanno dimostrato di non possedere le mie stesse "facoltà", mentali e di comportamento, esprimo il più profondo sdegno non per gli attacchi personali, ma perché le loro manifestazioni riconducono a sistemi totalitari di triste memoria». Rita Levi Montalcini era figlia di Adamo Levi ingegnere elettrotecnico e matematico e della pittrice Adele Montalcini, con una sorella gemella, Paola, pure pittrice e un fratello maggiore, Gino, anch'egli pittore e scultore. Famiglia molto stimata in quella Torino dove la borghesia ebraica, colta e impegnata, aveva un ruolo importante dopo la "parificazione" voluta da Carlo Alberto. Con una forte moralità che si sposava alla «mancanza di animosità e ad una naturale tendenza ad interpretare fatti e persone dal lato più favorevole». Con un laicismo di fondo che rendeva le sorelle Levi prive di paraocchi, tenaci nel perseguire studi e ricerche. Quando l'amata governante viene colpita dal cancro, la ventenne Rita decide, nonostante l'avversa opinione del padre, di iscriversi a Medicina a Torino. Avrà quale maestro un altro Levi, Giuseppe, padre della scrittrice Natalia Ginzburg, istologo, e come compagni Salvador Luria e Renato Dulbecco futuri Nobel, che il professor Levi istrada alla ricerca col metodo, insolito per l'Italia, della coltura in vitro. Dopo la laurea, si specializza in neurologia e psichiatria. Di fatto quando cade sugli italiani ebrei la mazzata delle infami leggi razziali. Comincia una vera odissea. Espatria in Belgio per proseguirvi le ricerche neurologiche. Ma nel '40 il Paese è invaso dai nazisti. Rientra clandestinamente a Torino allestendo un laboratorio prima in casa e poi, dopo i pesanti bombardamenti, nella campagna astigiana. Lavora già alla problematica dei centri nervosi che rimarrà per lei dominante. L'intera famiglia, dopo il '43, fugge a Firenze, di nascondiglio in nascondiglio, in case di amici, fino alla Liberazione. Con enorme sforzo fisico e psichico la ricercatrice cede il passo al medico: si occupa di tutto, anche «portantina e infermiera». Nel dopoguerra il salto decisivo di qualità alla Washington University di Saint Louis nella ricerca sui neuroni, sugli agenti della crescita nervosa. Ricerca che, assieme al biochimico Stanley Cohen, suo allievo, la porterà nel 1986 al Nobel. Rita Levi Montalcini destina una parte consistente del premio alla costruzione di una nuova Sinagoga a Roma, pur continuando a dichiararsi laica, atea. Ecco un altro carattere distintivo di questo personaggio straordinario: cittadina del mondo, libera da ipoteche di tipo teologico o ideologico. Con una eccezionale attitudine al fare, all'organizzare, ovunque vada: al CNR, alla presidenza dell'Associazione Italiana Sclerosi Multipla, all'Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Non c'è campagna umanitaria che non la veda presente e attiva, nonostante la grave maculopatia che le toglie purtroppo la vista. Eppure non ha mai cessato, si può dire, di testimoniare presso i giovani la necessità di non farsi «ipnotizzare» dalla tv, di praticare, assieme allo studio, sport e giochi capaci di stimolare la capacità creativa. Fino all'ultimo li ha esortati così: «Pensate al futuro che vi aspetta, non temete le difficoltà, io ne ho passate molte e le ho attraversate senza paura».
Alto Adige 31-12-12

Nessun commento:

Posta un commento